ORIGINE
"Dove si trovava l’antico Monferrato?" è una delle domande più frequenti poste da chi desidera acquisire informazioni sulla storia del Monferrato. È un quesito per cui è difficile trovare una risposta adeguata e convincente; le attuali indicazioni geografiche, dettate prevalentemente da esigenze turistiche, non ci aiutano di certo: alto, basso Monferrato, Monferrato casalese, ecc… servono, in molti casi a generare ulteriore confusione.
Come affermato efficacemente dal Prof. Bruno Chiarlo nella sua relazione "Monferrato: al vaglio le molteplici interpretazioni dell'enigmatico toponimo" una delle ipotesi più plausibili si presume sia quella di origine "Monastica".
Partendo dalla constatazione che il dialettale frà ha due significati: "ferrato" e "frate", a Munfrà potrebbe corrispondere sia Monteferrato sia l'associazione "monte-frate/i", quest'ultima da intendersi ovviamente come Monte del frate/Monte dei frati, in latino Mons fratris/Mons fratrum.
Denominazioni che ricordano alture abitate da monaci solitari o raccolti in piccole comunità non sono rare.
Ad esempio, il toponimo "Bric del Frate" si rinviene presso Celle Ligure (SV) in località Rocca Carpanea e presso Acqui (AL) in località Moirano; "Casa dei Frati" e l'eloquente "Monte dei Frati" sono rilievi collinari a nord-ovest di Taggia (Imperia); ancora "Monte dei Frati" nell'Alpe della Luna a ovest di Pieve S.Stefano (Arezzo).
Il dialettale "Munfrà"
I vari studiosi interessati all'interpretazione del toponimo Monferrato non hanno attribuito alcuna importanza alla forma dialettale Munfrà. La citano solo richiamandosi alla nota leggenda aleramica riesumata da Jacopo d'Acqui ed alla banale e ritrita interpretazione del "cavallo ferrato con un mattone", sciocca espressione strutturata come un calco linguistico sul tipo germanico, quale potrebbe essere Ziegelbechlagen (cioè Munfrà = "mattone-ferrato"), assolutamente estranea a qualunque dialetto gallo-romanzo.
Il Prof. Chiarlo ritiene invece importante l'analisi storico-linguistica della voce dialettale frà in quanto non è da escludere che la nascita del toponimo Monferrato sia da attribuire ad un equivoco di interpretazione di una precedente espressione tardo antica o altomedievale.
In effetti la forma attuale Munfrà potrebbe derivare sia da Monte (m) Ferratu (m) sia da Monte (m) Fratru (m) come è possibile dimostrare seguendo il modello evolutivo del latino aratrum (aratro) suggerito da M. Cuneo.
LE CAPITALI
Tra le caratteristiche fondamentali del marchesato di Monferrato vi è l’assenza, almeno in epoca aleramica, del concetto di capitale: siamo infatti in presenza di una vera e propria “corte itinerante” e solo con l’avvento della dinastia paleologa, ovvero con l’arrivo in Monferrato nel 1306 di Teodoro I, Chivasso, pur non assumendo le caratteristiche di una vera capitale, diviene la residenza preferita dai marchesi i quali però soggiornano non frequentemente a Valenza, Moncalvo, Pontestura, Trino e per un breve periodo ad Asti, fino alla perdita di Chivasso nel 1435 a favore dei Savoia. Dal 1474 Casale si può dire che assuma le funzioni di “capitale” dello Stato paleologo; nel 1536, il passaggio del marchesato ai Gonzaga pone il Monferrato in una condizione di “Stato satellite” rispetto agli interessi gonzagheschi che hanno Mantova come loro capitale; tale situazione non muta nemmeno nel 1631 quando alla estinta dinastia dei Gonzaga di Mantova subentra il ramo collaterale dei Gonzaga-Nevers. Il Monferrato, fino al passaggio ai Savoia, nel 1708, resta sotto la sovranità esercitata da Mantova.
IL TERRITORIO
Lo sviluppo del marchesato avviene attorno alle località di Acqui Terme, Alba, Casale Monferrato, Chivasso e Moncalvo. Nel periodo di sottomissione a Mantova il Monferrato risulta suddiviso in diverse aree geografiche: Casalese, Canavese, Acquese, Albese, queste aree sono denominate, rispettivamente, Monferrato “superiore” ed “inferiore”. Solo dopo l’annessione del Monferrato ai Savoia viene introdotta la definizione di “alto” e “basso” Monferrato, con significato capovolto tenendo conto del punto di vista di chi guarda il territorio da Torino e del fattore altimetrico.
GLI ALERAMICI
Aleramo 933 967
Guglielmo II ? ?
Oddone I ? 991
Guglielmo III 991 1042
Oddone II 1042 1084
Guglielmo IV 1084 1100
Ranieri 1100 1135
Guglielmo V 1135 1190
Corrado 1190 1192
Bonifacio I 1192 1207
Guglielmo VI 1207 1225
Bonifacio II 1225 1253
Guglielmo VII 1253 1292
Giovanni I 1292 1305
I PALEOLOGI
Teodoro I 1306 1338
Giovanni II 1338 1372
Secondotto 1372 1378
Giovanni III 1378 1381
Teodoro II 1381 1418
Giangiacomo 1418 1445
Giovanni IV 1445 1464
Guglielmo VIII 1464 1483
Bonifacio III 1483 1494
Guglielmo IX 1494 1518
Bonifacio IV 1518 1530
Giovanni Giorgio 1530 1533
I GONZAGA DI MANTOVA
Federico II 1536 1540
Francesco III 1540 1550
Guglielmo 1550 1587
Vincenzo I 1587 1612
Francesco IV 1612 1613
Ferdinando 1613 1626
Vincenzo II 1626 1627
I GONZAGA - NEVERS
Carlo I 1631 1637
Carlo II 1637 1665
Ferdinando Carlo 1665 1708
LA NUMISMATICA
L'analisi della produzione monetaria all'interno dello Stato di Monferrato si presenta come un problema molto complesso. Parlare di moneta di Monferrato significa prendere in esame un arco temporale di sette secoli, spaziando dall'età aleramica fino al passaggio del ducato ai Savoia. Il discorso non può essere limitato a semplicemente alle monete prodotte dalle zecche - vere o presunte - che coniarono monete a nome dei Marchesi e dei Duchi di Monferrato. Per una piena comprensione dei fenomeni monetari relativi al territorio occorre considerare elementi più ampi quali la circolazione delle specie monetarie straniere all'interno del Monferrato e le presenze di monete monferrine al di fuori dello Stato di Monferrato, sia come ritrovamenti che come citazioni più o meno episodiche all'interno dei provvedimenti amministrativi che regolamentavano il corso locale della moneta. Tutti elementi, questi, che in situazioni di mancanza di documentazione archivistica permettono delineare un quadro ampio e concreto dei flussi monetari relativi allo Stato di Monferrato.